venerdì 23 maggio 2014

Circolazione dei messaggi al tempo del Gran Khan


" Or sapiate per veritade che di questa cittade si parte molti messaggi, li quali vanno per molte province: l'uno vae ad una, l'altro vae a un'altra, e cosí di tutti, ché a tutti è divisato ov'egli debbia andare. E sappiate che quando si parte di Canbalu questi messaggi, per tutte le vie ov'egli vanno, di capo de le 25 miglie egli truovano una posta, ove in ciascuna àe uno grandissimo palagio e bello, ove albergano li messaggi del Grande Sire. E v'è uno letto coperto di drappo di seta, e àe tutto quello ch'a messaggio si conviene; e s'uno re vi capitasse, sarebbe bene albergato. " (cap 97)
In queste stazioni i funzionari del Gran Khan hanno a disposizione quattrocento cavalli che l'imperatore fa tenere pronti per loro, per qualsiasi destinazione debbano partire. Ed e così in tutte le province dell'Impero. Con questo sistema i messaggeri dell'imperatore possono raggiungere qualsiasi località, trovando sempre alloggio e cavalli pronti ogni giorno.

Alle origini il termine “Posta” non rivestiva l’attuale significato, cioè quello che noi conosciamo sia come studiosi o in veste di semplici utenti di un servizio curato dallo Stato. Il termine “posta” deriva dal latino posita, ovvero “situata”, riferito alle antiche “stazioni di rifornimento”, veri e propri “centri di comunicazione” disposti a distanze anche di pochi chilometri uno dall'altro che permettevano il cambio dei cavalli e lo scambio della corrispondenza tra i corrieri. Con posta si indicava quindi un posto lungo la strada, sia nei borghi che lontano dai centri abitati, in cui il viandante poteva riposare, non importa se soltanto alla meno peggio oppure con tanto di giaciglio e vivande.

venerdì 16 maggio 2014

La moneta del Gran Khan

"Or sappiate ch'egli fa fare una cotal moneta com'io vi dirò. Egli fa prendere scorza d'un àlbore ch'à nome gelso — èe l'àlbore le cui foglie mangiano li vermi che fanno la seta —, e cogliono la buccia sottile che è tra la buccia grossa e 'l legno dentro, e di quella buccia fa fare carte come di bambagia; e sono tutte nere. Quando queste carte sono fatte cosí, egli ne fa de le piccole, che vagliono una medaglia di tornesegli picculi, e l'altra vale uno tornesello, e l'altra vale un grosso d'argento da Vinegia, e l'altra un mezzo, e l'altra 2 grossi, e l'altra 5, e l'altra 10, e l'altra un bisante d'oro, e l'altra 2, e l'altra 3; e cosí va infino 10 bisanti. E tutte queste carte sono sugellate del sugello del Grande Sire, e ànne fatte fare tante che tutto 'l tesoro (del mondo) n'appagherebbe." (cap. 95)
 Ancora una volta la seta, anche se indirettamente, entra a far parte dell'economia orientale. Le banconote vengono create a partire dalla lavorazione della corteccia del gelso, le cui foglie vengono usate come nutrimento per i bachi da seta. Marco Polo ne parla con stupore, del resto un’idea del genere era lontana dalle menti degli uomini del suo tempo. In Europa, i primi biglietti nacquero solo nel XVII secolo.


Marco Polo non si limita a descrivere le banconote cinesi, ma ne porta seco a Venezia alcuni esempi. La tradizione narra che il viaggiatore veneziano sarebbe stato deriso dai suoi concittadini per i quali l’argento e l’oro delle monete sembravano assai più solidi e certi a differenza della carta che era poco credibile.

lunedì 12 maggio 2014

La Guerra 

La guerra nasce come mezzo di difesa e come strumento per prevenire le prese di potere. Le battaglie sono frontali, talvolta attacchi a sorpresa, con scontri corpo a corpo; gli strumenti maggiormente utilizzati sono gli archi e le frecce. Durante le battaglie spesso si suonano "istromenti" per richiamare all'ordine e per annunciare uno scontro imminente.


"Quando l'alba del die fue venuta, e 'l Grande Kane aparve sopra 'l piano ove Naiano dimorava molto segretamente, perché non credea che 'l Grande Kane ardisse per niuna cosa di venirvi, e perciò non facea guardare lo campo né dinanzi né dirieto. Lo Grande Kane giunse sopra questo luogo, e avea una bertesca sopra quattro leofanti, ove avea suso insegne, sicché bene si vedeano da la lunga. Sua gente era ischierata a 30.000 a 30.000, e intorniaro tutto lo campo in uno momento. E ciascheuno cavaliere avea uno pedone in groppa con suo arco in mano.  E quando Naiano vide lo Grande Kane con sua gente, egli furono tutti ismariti e ricorsero a l'arme, e schieraronsi bene e ordinatamente, e aconciarsi, sí che non era se non a fedire.  Alotta cominciò a sonare molti istormenti ed a cantare ad alta boce; però che l'usanza de' Tartari è cotale, che 'nfino che 'l naccaro non suona, ch'è uno istormento del capitano, mai non combatterebboro, e infino che suona, gli altri suonano molti stormenti e cantano. Or è lo cantare e lo sonare sí grande da ogne parte, che ciò era maraviglia.  Quando furo aparecchiati trambo le parti, e li grandi naccari cominciaro a sonare, e l'uno venne contra l'altro, e cominciaronsi a fedire di lance e di spade. E fue la battaglia molto crudele e fellonesca, e le saette andavano tanto per aria che non si potea vedere l'aria se non come fosse piova; e li cavalieri cadeano a terra dell'una parte e dell'altra, e eravi tale romore, che gli truoni non sarebboro uditi." (cap. 78)

"Lo palagio è d'un muro quadro, per ogne verso uno miglio, e su ciascheuno canto di questo palagio è uno molto bel palagio; e quivi si tiene tutti gli arnesi del Grande Kane, cioè archi, turcassi, selle, freni, corde, tende e tutto ciò che bisogna ad oste e a guerra." (cap. 83)

domenica 11 maggio 2014

Descrizione dei popoli orientali

Le popolazioni orientali vengono descritte come gente rozza e arretrata, tuttavia abili nell'agricoltura, nella caccia e nella lavorazione delle pelli per farne indumenti.
"La gente dimora ne le montagne molto alte: adorano idoli e sono salvatica gente, e vivono de le bestie che pigliano. Loro vestire è di pelli di bestie, e sono uomini malvagi. " (cap 49)
 " Quivi si fa drappi d'oro e di seta; e quivi àe molta bambagia, e quivi àe abondanza d'orzo, di miglio e di pan(i)co e di tutte biade, di vino e di frutti. " (cap 32)
 " Quivi si fa lo vino di dattari e d'altre ispezie asai, e chi 'l bee e non è uso, sé 'l fa andare a sella e purgalo; m[a] chi n'è uso fa carne assai. Non usano nostre vivande, ché se manicassero grano e carne, infermarebbero incontanente; anzi usano per loro santà pesci salati e dattari e cotali cose grosse, e con queste dimorano sani. Le loro navi sono cattive e molte ne pericala, perché non sono confitte con aguti di ferro, ma con filo che si fa della buccia delle noci d'India, che si mette in molle ne l'(a)cqua e fassi filo come setole; e con quello le cuciono, e no si guasta per l'acqua salata. Le navi ànno una vela, un timo[n]e, uno àbore, una coverta, ma quando sono caricate, le cruopono di cuoie, e sopra questa coverta pongono i cavalli che menano in India. No ànno ferro per fare aguti e è grande pericolo a navicare con quelle navi. [...]  Elli seminano loro biade di novembre e ricogliele di marzo, e cosí fanno di tutti loro frutti; a da marzo inanzi non si truova niuna cosa viva, cioè verde, sopra terra, se non lo dattaro, che dura infino a mezzo maggio; e questo è per lo grande caldo. Le navi non sono impeciate, ma sono unte d'uno olio di pesce. " (cap 36)
" E' sono molto begli cacciatori e prendono bestie molte, e de le pelle si vestono e calzano; e ogni uomo sa conciare le pegli de le [bestie] che pigliano. " (cap. 45)
" Lavorano bene tutte cose da cavalieri, freni, selle e tutte arme e arnesi. Le loro donne lavorano tutte cose a seta e ad oro, a ucelli e a bestie nobilemente, e lavorano di cortine e d'altre cose molto riccamente, e coltre e guanciali e tutte cose. " (cap 34)

giovedì 1 maggio 2014





"Or avenne che questo Marco, figliuolo di messer Nicolao, poco istando nella corte, aparò li costumi de' Tartari e loro lingue e loro lettere, e diventò uomo savio e di grande valore oltra misura."
Mezzi di trasporto lungo la via della seta

Si immagina facilmente che al tempo di Marco Polo l'unico mezzo di trasporto era il cavallo. Attraverso il romanzo vi sono moltissimi riferimenti alle giornate che bisognava spendere a cavallo per giungere da una città all'altra, spesso anche attraverso i deserti.

"Come si cavalca per lo diserto.
Quando l'uono si pa(r)te da Crema(n), cavalca sette giornate di molta diversa via; e diròvi come. L'uomo va 3 giornate che l'uono non truova acqua, se non verde come erba, salsa e amara; e chi ne bevesse pure una gocciola, lo farebbe andare bene 10 volte a sella; e chi mangiasse uno granello di quello sale che se ne fa, farebbe lo somigliante; e perciò si porta bevanda per tutta quella via. Le bestie ne beono per grande forza e per grande sete, e falle molto scorrere. In queste 3 giornate no à abitazione, ma tutto diserto e grande secchitade, bestie non v'à, ché no v'averebboro che mangiare."  (cap 37)
Tuttavia, in occasioni speciali, anche la nave rappresenta un mezzo di trasporto.
"Quando lo Grande Cane vide che messer Niccolao e messer Mafeo e messer Marco si doveano partire, egli li fece chiamare a sé, e sí li fece dare due tavole d'oro, e comandò che fossero franchi per tutte sue terre e fosseli fatte tutte le spese a loro e a tutta loro famiglia in tutte parti. E fece aparecchiare 14 nave, de le quali ciascuna avea quattro alberi e molto andavano a 12 vele. [..]  E dicovi sanza fallo ch'entrò nel[e n]avi bene 700 persone senza li marinari" (cap 18)